Agenzia Hawzah News – La crescente diffusione di contesti lavorativi multinazionali espone sempre più spesso i musulmani a pratiche alimentari e abitudini diverse dalle proprie, sollevando interrogativi concreti sull’osservanza delle norme islamiche in materia di purezza rituale. Il quesito prende in esame una situazione sempre più comune nella vita quotidiana e nei luoghi di lavoro condivisi.
Domanda
Un lavoratore riferisce di operare quotidianamente in una cucina condivisa con circa venti colleghi non musulmani, che non fanno distinzione tra carne lecita e illecita né osservano le norme di purezza rituale. In questo contesto, chiede quale debba essere, dal punto di vista religioso, il comportamento corretto da adottare in materia di purezza e impurità.
Risposta
Secondo la fatwa dell’Ayatollah Makarem Shirazi, eminente autorità religiosa sciita:
- la carne di animali non macellati secondo il rito islamico, ad eccezione del maiale, è considerata ritualmente pura, anche se il suo consumo resta proibito;
- solo la carne di maiale e le bevande alcoliche sono considerate intrinsecamente impure;
- la collaborazione e la convivenza lavorativa con non musulmani che non osservano le norme di purezza rituale non presentano di per sé problemi e non richiedono l’allontanamento dai colleghi;
- solo in caso di contatto diretto con sostanze impure (come il maiale o l’alcol) è necessario evitare la contaminazione e, qualora il contatto avvenga, comportarsi secondo le norme della sharia islamica.
Il parere offre così un orientamento concreto per i musulmani che operano in ambienti di lavoro condivisi, chiarendo come conciliare il rispetto delle prescrizioni religiose con la normale interazione professionale e la convivenza quotidiana con colleghi non musulmani.
Mostafa Milani Amin
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